di Giuseppina Rosato

Un’aula insolita quella che oggi ha accolto oltre 140 studenti del Liceo Classico-Linguistico “Daniele Manin”. Certo, sempre un’aula virtuale, ma virtualmente inedita ed esclusiva: il Palazzo di Giustizia di Palermo, da dove si è collegato il dott. Lirio Conti, magistrato della sezione GIP-GUP dello stesso Tribunale, per un incontro-testimonianza in occasione della XXVI Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che ricorre il prossimo 21 marzo e il cui slogan scelto quest’anno da Libera è “A ricordare e riveder le stelle”, data la stretta correlazione con l’anniversario dantesco, a 700 anni dalla morte del Sommo Poeta.

Un’ora intensa e densa di informazioni, dati, concetti, racconti, esempi per rendere quanto più intelligibile possibile un fenomeno così articolato, complesso, variegato, pur nella persistenza di costanti, qual è quello mafioso.

Con trasporto e coinvolgimento in un racconto appassionato, perché vivo e vissuto, il magistrato ha rimarcato più volte come la comprensione di un fenomeno così ampio sia necessaria per l’educazione alla legalità e alla responsabilità, al di là di clichés e stereotipi.

Uomo dell’anno 2016, premio di cui vengono insignite personalità che si siano distinte per correttezza etica e professionale che operano nei diversi settori della vita sociale, il dott. Conti da diversi anni è impegnato sul fronte della lotta alla mafia e alla criminalità organizzata in una zona ad alta intensità mafiosa, prima come GIP di Gela e Caltanissetta e dallo scorso giugno, appunto, giudice della sezione GIP-GUP del Tribunale di Palermo.

Per questo, il suo intervento è stato prezioso in tal senso, perché “spiegare” la mafia ai giovani può aiutarli a comprendere certe dinamiche, facendo acquisire a loro, che vivono in zone del Paese diverse da quelle solitamente ritenute le uniche interessate dalla criminalità organizzata, la consapevolezza che le consorterie di stampo mafioso investono ormai da molti anni le loro estremamente rilevanti risorse illecite in attività imprenditoriali aventi sede nelle zone economicamente più ricche.

Mafie storiche e nuove mafie, organizzazioni verticistiche e “camorrizzazione”- “balcanizzazione”, protezione, consenso, controllo del territorio, profili di influenza, strategia della sommersione: queste sono solo delle tessere del ricco e composito mosaico nel fluire dell’intervento del giudice Conti.

Per contrastare le mafie, urge una risposta culturale. Allora, non basta più parlare di “educazione alla legalità”; bisogna piuttosto “educarsi e educare alla responsabilità”.

Secondo don Luigi Ciotti,la “legalità è il rispetto e la pratica delle leggi. È un’esigenzafondamentale della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune. Legalità è responsabilità, anzi corresponsabilità.[…]Legalità è la nostra Costituzione: il più formidabile dei testi antimafia. Le mafie e ciò che le alimenta – l’illegalità, la corruzione, gli abusi di potere – si sconfiggono solo costruendo una società più giusta.

Legalità è speranza. E la speranza si chiama “noi”.La speranza è avere più coraggio. Il coraggio ordinario a cui siamo tutti chiamati: quello di rispondere alla propria coscienza”.

Facendo tesoro delle parole di don Ciotti, riteniamo che la Scuola, agenzia educativa per eccellenza, sia il luogo fondamentale di sperimentazione e verifica di ogni progetto di formazione culturale e ciò ci rende consapevoli della necessità di fornire strumenti e stimoli per far sì che i giovani possano sviluppare capacità proprie, uno spirito critico proprio  per leggere la realtà senza la lente degli stereotipi e dei pregiudizi. In questa lettura del reale che ci circonda, oggi ci siamo potuti avvalere della illuminante guida del dott. Lirio Conti.

Ed è davvero molto bello che le Istituzioni si mettano al servizio della comunità educante in una prospettiva condivisa di “costruzione di una società più giusta”.