di Africa Alaide Dobner
IL COLORE DELLA LUNA
“Non voglio che il mondo renda
grigi i miei desideri.”
Federico Garcia Lorca
Tu sola, poesia, conosci l’incanto
dove in suono ed immagine
si tramutan passioni,
dove anche appagata posso invocare
non si sa quali ardori,
dove anelante posso
placare la mia sete d’infinito.
Un posto tu sei, dove rimane
intatta l’ansia d’amare
o di librarsi in volo
o di schiudere le valve
d’una conchiglia antica,
un posto inaccessibile e segreto
lontano dai richiami della vita.
Su questa terra in fondo
non mi resta che morire,
tanto improbabile è
il tempo della mietitura…
E allora più non chiedo nel silenzio
che un fruscio di fronde a cambiare
il colore della luna.
(1989)
da “Il colore della luna”
‘Sin da quando ero bambina aveva preso forma in me l’impressione che esistesse qualcosa al di là dei volti o dei fatti, al di là insomma della pura apparenza.
E fu nelle ore passate con mia madre, accanto a una finestra affacciata sul buio e ritrovo di sogni, che scopersi il colore della luna.
Mi parve allora che la poesia fosse un modo per fissare la vita segreta delle cose, per ridare alla parola il suo mistero.’
…così canta la voce del poeta.
Aspettavo l’imminente risposta, mentre fremevo all’idea di poter parlare con lei, con la compositrice di canti, di parole, di sensazioni; e nel frattempo, pensavo e ripensavo alle domande che sorgevano dalla mia mente, irrequiete ed impazienti di essere esplicitate, ed essere saziate da risposte concise e semplici, come di un poeta. Conferma così, tra parola e parola, le mie aspettative Anna Paulinich, poetessa Cremonese, che mi racconta della sua vita, e del suo amore per la scrittura. Difatti cresce con un curioso amore per il modo di espressione della poesia. Scrive otto libri a tema, che sciolgono delle fasi di vita e delle sensazioni. Come la poetessa afferma: “la poesia nasce da un momento di trasalimento”. Ed è quel momento che il poeta necessita di tradurre in parole, sono le presenze, le variazioni, l’accorgimento di banalità che da quel fatidico momento non saranno più futili, bensì motivo di ispirazione.
“La poesia è una forma di salvezza, è il più forte antidepressivo”, la sua musica libera dai pensieri trascrivendoli materialmente, essa nasce dalla sensibilità e dal dolore, comprende il silenzioso pianto dell’anima e lo trasforma in fiumi neri, d’inchiostro.
“Si legge poesia per lo stesso motivo per cui la si scrive, semplice necessità di cercare qualcosa di sé in qualcosa di più immediato”. L’uomo ha bisogno di sentirsi rassicurato, tanto quanto abbia bisogno di essere unico; l’uomo vuole trovare conforto in coloro che possono provare le stesse sensazioni, o avere gli stessi pensieri: “leggere poesia è entrare in un’anima”.
“Leggere poesia è farsi penetrare in un momento intimo, ascoltare poesia è percepire il suono divenire immagine”. La poesia ha tutto, è un’arte delicata, dolce, sublime, è un filo che ondeggia, sul quale il funambolo gioca liberamente, e canta, e dipinge figure, e mai giungerà al termine dell’opera.
– Fattore K dei dimenticati –
“Sao ko kelle terre,
per kelle
fini que ki contene,
trenta anni
le possete parte
Sancti Benedicti”
960 d.C. a firma
Placito di Capua
Un sms illustre finalmente
fra tutte le offerte della TIM
Il moderno chissà perché
(kissà) (xké)
affonda spesso nell’antico
(antiko)
da “In-folio”
Così anche in poesia giunge con ironia, la nostra inarrestabile fretta di semplificazione. Siamo tornati alla primitiva lingua dalla quale tutto si è sciolto, interessante il nostro “Nuovo Volgare”. Vogliamo lasciarci alle spalle ciò che è l’origine e l’inizio, ma allo stesso tempo lo riprendiamo per una nuova ritrattazione.